Di fronte una scrivania troppo grande per i suoi occhi e troppo piccola per i suoi sogni,
era lì ad immaginarsi la vita.
Immaginava un futuro incerto, ma non incerto per paura,
incerto per il desiderio di creare qualcosa che avesse significato non solo per lei,
ma per chi avesse incrociato il suo cammino.

Piccola età, desideri maturi, desideri di chi desidera il desiderabile,
ma il desiderabile condivisibile,
di chi vuole che l’egoismo sia solo una parola che descriva una cattiva abitudine,
un’abitudine da non prendere, un’abitudine da evitare.

I piedi sfiorano poco il pavimento, la fantasia ha bisogno di spazio,
e la terra sa essere troppo fredda per i pensieri che hanno bisogno di volare liberi.
Delicatamente però sfiora il terreno, non vuole volare troppo alto fino a dimenticare la realtà,
quella realtà così fragile che ha bisogno di sognatori per costruirsi vera.

Sente le voci lontane dei suoi coetanei, li sente,
ma non associa nessun volto a quelle voci.

Intorno a sé non ci sono collegamenti con il mondo esterno, nessun collegamento visivo.
I suoi sensi aumentano così d’intensità per aiutare quella vista lontana dal mondo circostante.

Così inizia ad immaginare il sole sulla sua pelle, fino a sentirlo davvero nelle sue ossa,
anche se i suoi raggi non arrivano ai suoi occhi.
E così inizia a sognare il vento che le sposta i capelli, fino ad arrivare a percepire un brivido lungo la schiena.
E così dà un volto a quelle voci,
così immagina quel bambino con i capelli neri e gli occhi verdi correre sull’erba,
lo immagina fino a sentire l’odore di quell’erba a primavera, quando tutto rinasce e tu puoi ricominciare.

Una (finta) finestra sul mondo della fantasia
le permette di immaginare,
fino a vivere mille vite, fino ad indossare tutti i sorrisi che incontra in quell’immaginazione
che la fa staccare da quelle mura che a volte la vogliono soffocare,
che a volte la vogliono tenere ancorata a terra,
troppe volte.

Alza lo sguardo sopra di sé e vede così volteggiare i suoi sogni,
intorno a quella finta finestra che ha dato un volto a quelle voci,
ha dato il calore sulla pelle e una carezza fra i capelli.

Alza lo sguardo, sopra di sé e vede i suoi sogni esistere,
prendere forma e rafforzarsi grazie a quella fantasia che le ha dato un’occasione,
l’occasione di crearsi e ricrearsi infinite volte,
fino a piacersi davvero, fino a rendersi felice.

Quella finta finestra ha permesso ai suoi sogni di esistere
e ha permesso a lei di esistersi, viversi, amarsi, immaginare un tramonto
e poi correre, per davvero,
a cercare l’alba.

Filosofa Atipica

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