Era arrivato il momento di rischiare, di fare qualcosa per questo mondo che implodeva in se stesso e non lasciava spazio per i sogni. Lei non si riconosceva in quel circolo fatto di vite identiche e nei volti delle persone leggeva che tutti ormai portavano il peso di un’esistenza che non gli apparteneva. Cercava una via di fuga affinché il suo presente non rendesse schiavo il suo futuro.
Questo tempo ci vuole troppo, da non volerci mai veramente: mai veramente bene, mai veramente felici, mai veramente giusti.
“Vedo tante vite, ma niente di vissuto. L’umanità si pentirà del tempo perso a pensare a come impiegarne di più”.
Lei aveva un sogno, etichettato tra i più nobili e i quasi impossibili: cambiare il mondo attraverso le sue parole. Non si sentiva speciale, tutto il contrario, sentiva solo che non poteva starsene ferma a guardare come l’uomo non facesse altro che sostituire: sostituire macchine, persone, amicizie. La qualità era sostituita dalla quantità.
Ci nascondiamo dietro parole come “progresso”, quando è solo profitto personale mascherato.
Lei voleva un mondo in cui tutti potessero realizzarsi, senza differenze di nessun genere.
Non siamo alla fine tutti figli dello stesso cielo?
Voleva un’intelligenza che non avrebbe portato gli uomini a combattere gli uni con gli altri, ma che li facesse rendere conto che il mondo è abitato per Vivere!
Voleva un mondo in cui la parola “meritocrazia” tornasse a brillare viva, in cui il fondamento di una sana Politica fosse quello di farne la propria vita, di vivere in vista di essa, non grazie ad essa: i vantaggi personali non dovrebbero essere l’obiettivo di chi si fa promotore di un’idea collettiva, dovrebbe essere guidato dalla verità e dalla volontà di offrire benessere reale.
“Siamo i padroni di noi stessi” eppure l’uomo aveva perso la capacità di vivere la propria vita come qualcosa di indiscutibilmente unico.
Stavamo davvero vivendo un futuro senza sogni, un futuro senza ambizioni?
Stavamo davvero diventando automi?
Lei credeva che con un po’ d’impegno e sano amore si potesse tornare a Vivere. Credeva alle emozioni, a quegli occhi lucidi di chi vive con una sensibilità che ti ricopre interamente, ma non ti fa sfuggire nulla.
Credeva che la vita non fosse solo una corsa a chi arriva prima.
In fondo quando arriva la sera, tutti torniamo ad essere uguali, anche se durante il giorno siamo stati medici, avvocati, addetti alle pulizie, maestri, scrittori, tutti uguali, tutti allo stesso modo ci addormentiamo.
Ma allora perché, se in fondo la sera siamo uguali, non possiamo trattarci come tali anche il resto del giorno?
E tra mille interrogativi, mille preoccupazioni, mille idee: lei rischiò.
Rischiò di essere considerata una folle, una di altri tempi, di deludere se stessa, di provare e non riuscire.
Non le importava: lei rischiò!
Il cuore le batteva fortissimo, e voleva che tutti provassero quella sensazione di avere il futuro tra le mani, di sentirlo. Voleva che tutti fossero in quel vortice fatto da un’unica emozione. Non era l’emozione di sperimentare l’onnipotenza, ma era l’emozione di sperimentare la Vita.
Capita un momento in cui sai che non puoi cambiare ciò che è stato, ma puoi migliorare ciò che sarà. Lei quel giorno ci provò.
Una volta, osservando il mondo, si trovò a scrivere un qualcosa, e ora, sperava che fosse proprio quel qualcosa a generare qualcos’altro. Voleva essere la prima parte di un domino.
Ovunque poteva, faceva roteare quelle sue parole.
E aspettò…
«Un curioso fatto è accaduto questa mattina in una piccola periferia di Roma. Miliardi di fogli girano per la capitale tutti recante lo stesso messaggio»… la gente stava leggendo le sue emozioni su un foglio.
«Una sorella sta ancora lavorando, ormai sono undici ore che è seduta dietro lo schermo di un computer. Non so se oggi ha riso o ha pianto, non lo sa nemmeno lei perché il suo ritmo è scandito da una tastiera. Ritarda a cena per stare lì, ma quel lì non l’aspetta per mangiare. Lei sta lì e non vorrebbe esserci, ma il mondo obbliga.
Un ragazzo sta cercando lavoro, perché vuole staccarsi dalle limitazioni che t’impone l’età ed è in giro in cerca di qualcosa che gli dia la possibilità di farsi conoscere. Non so se ha riso o ha pianto oggi, non lo sa nemmeno lui, la fretta non gli permette di concentrarsi sui suoi bisogni.
Un padre ha lavorato da sempre così a lungo che non sa più se sia o no mai stato bambino. Non so se oggi ha riso o ha pianto, non lo sa nemmeno lui, la sua vita è monotona, lo è da una vita stessa.
Una madre fa un lavoro da uomo pur di far sorridere i figli con un gioco in più sotto l’albero. Non so se ha riso o ha pianto oggi, non lo sa nemmeno lei, non fa altro che spaccarsi la schiena e sorridere, perché in fondo ci crede ancora che tutto può cambiare.
Un uomo ha un lavoro, ma non lo rappresenta, sta lì con la maschera di chi sta bene, ma ha il cuore di chi vorrebbe essere altrove. Ha mille e più capacità, ma il mondo lo obbliga a sviluppare programmi che ti allontano dalla realtà. Non so se ha riso o ha pianto oggi, non lo sa nemmeno lui, il suo ritmo è scandito da una tastiera.
Una ragazza sta studiando, aveva ideali che a poco a poco le stanno spegnendo. Credeva in ciò che faceva ed ora non sa chi è. Non so se ha riso o ha pianto oggi, non lo sa nemmeno lei, le sue giornate sono segnate da sogni e lacrime, che non ha tempo per fermarsi a capire.
Ci sono persone che si ammazzano per tornare a vivere.
Ogni tanto bisognerebbe soffermarsi a pensare a tutto questo e non per essere più tristi o più cupi, né per domandarsi quale sia il senso della vita che non lo sapremo forse mai, né per chiedersi dove sia il giusto o lo sbagliato, ma per capire. Capire che questo mondo dobbiamo cambiarlo.
Dicono che i nostri sogni sono troppo alti, dovremo ridimensionarci, ma perché? Non ci permettono di migliorarci, la meritocrazia è morta da tempo. Non possiamo volere di più e questo non ha senso, nessuno è nato per accontentarsi.
Io non lo so cosa bisognerebbe fare per cambiare le cose, al momento potrei mettermi ad urlare in mezzo all’universo che noi dobbiamo desiderare di più e lottare, e la mia voce sarebbe guidata da così tanta rabbia che il suono sarebbe cosparso ovunque, ma la paura di cambiare a volte ci rende sordi e la stanchezza ci fa accontentare.
Lo so che i sogni hanno la mia età e forse è proprio quella a parlare, ma oggi io penso a tutti; a quelli che non si arrendono, ma sanno in cuor loro che poi si accontenteranno, e a quelli che si accontentano perché non hanno altra scelta.
Io penso a loro, forse in cerca di un modo per cambiare le cose o forse per avvicinarmi con il cuore.
Non so niente, ma so che ogni tanto ci dovremo soffermare a pensare.”
Tutti lessero quel foglio, in ogni parte.
Improvvisamente successe qualcosa d’interessante. Niente di visibile, ma da sempre si sa che “l’essenziale è invisibile agli occhi“.
I cuori di chi stava leggendo quelle parole cominciarono a battere veloci, tutti, i cuori dei medici, dei politici, dei meno fortunati.
Tutti erano uguali in quel battito di cuori.
Il cuore si stava rivoluzionando.
Non si sapeva se il mondo stava cambiando, ma tutti avevano una consapevolezza in più quella notte in cui andarono a dormire.
Capirono che l’amore aveva il potere di creare cose più forti dell‘odio.
Che l’altruismo non era una mera parola, ma che poteva essere un modo di vivere.
Capirono che il futuro era nelle nostre mani e che il mondo in cui decidiamo di vivere, siamo noi a crearlo e quindi noi a poterlo migliorare.
Ma capirono soprattutto, che potevano cambiarlo, insieme, e che insieme si poteva tornare a sorridere, di un sorriso che non conosceva differenze!
Filosofa Atipica per ArtSpecialDay
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