«Le menti sono uniche.
Quando si inceppano, ognuna lo fa a modo suo. […]
La depressione è diversa per ciascuno di noi.
Il dolore viene percepito in modo diverso,
in gradazioni diverse,
e provoca reazioni diverse.»

Nel libro autobiografico Ragioni per continuare a vivere, lo scrittore e giornalista inglese Matt Haig racconta la sua lotta contro la depressione. Spinto da una sua amica, e superata la paura dell’essere etichettato come Mr Depressione, Matt Haig decide di mettere nero su bianco quanto ha vissuto più di quattordici anni fa. La spinta propulsiva alla stesura di questo racconto autobiografico, è stata soprattutto la volontà di aiutare chi come lui si trova a lottare con qualcosa di tanto invisibile quanto letale come la depressione. Leggendo, qualcuno si potrebbe ritrovare in quelle parole, in quelle sensazioni e in qualche modo si potrebbe sentire meno solo in questa dura lotta contro la depressione.

Il termine forse che si addice di più alla depressione è proprio invisibile, ma non per questo non può essere sconfitta. All’inizio del libro, Matt Haig scrive infatti:

«Uno dei sintomi principali della depressione è che non hai speranze. Non vedi futuro. […] l’esistenza di questo libro è la prova che la depressione mente. La depressione fa pensare cose sbagliate. Ma la depressione in sé non è una bugia. Non ho mai provato nulla di più reale. Anche se, ovviamente, è invisibile.»

Aveva 24 anni Matt Haig la prima volta che venne assalito da un attacco di panico. Era in Spagna e sarebbe dovuto tornare a Londra dopo due settimane. In una giornata apparentemente normale, come tutte le altre, successe qualcosa dentro di lui: “la cosa strana della mente è che dentro può succedere di tutto senza che all’esterno nessuno se ne accorga“. I tre giorni che seguirono quell’attacco, Matt Haig racconta di averli passato a letto. Era terrorizzato e spaventato. Viveva una dicotomia di sensazioni. Da un lato voleva non essere vivo per non essere costretto a sentire quanto stava vivendo, d’altro lato la morte lo spaventava. Ciò che si augurava era il vuoto.

Già dalle prime venti pagine l’autore del libro spiega senza troppi giri di parole a cosa aspiri una persona che soffre di depressione: assenza di sofferenza. La felicità per una persona colpita da depressione appare come un lusso, ciò che vuole per sé è l’assenza di dolore, il sentirsi normali, o se non si può arrivare a questo, quantomeno smettere di sentire. Compaiono così i primi pensieri legati al suicidio per Matt Haig, perché l’unico modo per smettere di soffrire sembrava quello di dover smettere di vivere. Anche nel pensiero del suicidio però si manifestava quella dicotomia accennata poco fa. Nonostante i pensieri suicidi aumentassero, la paura della morte infatti rimaneva invariata. Alla depressione si unì poi l’ansia che ovviamente peggiorò di gran lunga la situazione.

Attraverso le sue parole si percepisce tutta la paura e l’agonia che viveva e provava costantemente, che vivono e provano chi soffre di depressione. Il dolore non è circoscritto ad una parte di noi, ma ci colpisce nella nostra interezza. Mentre un dolore fisico viene percepito come estraneo da noi, quindi come qualcosa che ci attacca dall’esterno, il dolore provocato dalla depressione sembra essere te.

Perché non puoi essere come loro?” è questa la domanda che tra tutte gira nella testa di Matt Haig durante il periodo in cui ha sofferto di depressione. Guardare fuori dalla finestra e vedere persone immerse nella loro quotidianità, in quella fretta di andare e tornare con l’unico scopo di vivere. A lui tutto quello sembrava impossibile, e durante quel periodo lo era davvero. Le giornate erano macigni da sopportare, montagne da scalare. Camminare era un’impresa non da poco, anche andare a comprare il latte rappresentava una vera e propria agonia. Non c’era nulla che riuscisse a generare piacere: anedonia. È questo ciò che vive un individuo affetto da depressione, la totale incapacità di provare piacere.

Arrivati a metà del libro incontriamo un capitolo, di una pagina, molto significativo, in contrapposizione con il titolo: Un momento insignificante. Un giorno, per circa dieci secondi, Matt Haig si sentì lontano da quelle sensazioni di terrore e depressione. Furono solo dieci secondi, ma abbastanza da fargli capire che in fondo una speranza c’era. Bisognava solo avere forza e pazienza. Iniziò piano piano a fare tutto ciò che più lo spaventava, come uscire o prendere un aereo. In qualche modo, il concentrarsi su una paura che riguardava l’esterno, gli permetteva di non essere sincronizzato solo sui propri pensieri.

Seguirono non pochi alti e bassi, ma tutti affrontati con una nuova consapevolezza: riuscire a stare bene era possibile. Un grande aiuto era nella corsa, nello yoga, nel saper rallentare e vivere il presente, ma soprattutto nell’amore.

Attraverso uno stile semplice, ma non banale, attraverso digressioni fatte di elenchi e liste, Matt Haig ci racconta la sua storia, e nel farlo ci racconta la storia di chi aspetta quel “momento insignificante” per ricominciare, piano piano, a trovare le sue ragioni per vivere.

Filosofa Atipica per ArtSpecialDay

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