«Ma l’essere umano è così» si consolò.
«Sostituisce gran parte delle proprie emozioni con la paura».
P. Coelho

Ventiquattro anni. È questa l’età della protagonista del romanzo, uscito nel 1998, di Paulo Coelho, dal titolo Veronika decide di morire. Ventiquattro: sono questi gli anni di Veronika quando lei, nella stanza del convento in cui alloggia, decide di porre fine alla propria vita. Lo scrittore Coelho, con il modo che molti lettori appassionati conoscono bene, ci fa immergere immediatamente in questa stanza, descrivendoci il momento in cui la protagonista della sua penna, è decisa a morire. Sembra calma mentre lo fa, o almeno è questa la sensazione che si prova nelle prime pagine del romanzo; ci si ritrova calati in questa calma strana, in quel tipo di calma in cui sembra non dover accadere nulla e invece accade tutto. È un inizio che spiazza quello del libro Veronika decide di morire, perché si è di fronte un inizio che sembra una fine, la fine della protagonista di un romanzo appena aperto.

Eppure…

Ci sarebbe da elencare un’infinità di “eppure” legati a questa storia, quegli “eppure” che ci risvegliano dal sonno anestetico del mondo finto in cui sempre troppo spesso viviamo. Questo romanzo ci mette davanti realtà alle quali non pensiamo quasi mai, a meno che non le si stiano vivendo direttamente. Questa storia ci avvicina con delicatezza a temi come la schizofrenia, la depressione, gli attacchi di panico o l’abulia, della quale soffre Veronika, che in modo molto superficiale si può definire come la mancanza di volontà.

Accade però qualcosa l’11 novembre del 1997. Accade che Veronika riesca a imporre la propria volontà sulla propria vita: non vivere più. Assume una dose massiccia di sonniferi, è intenzionata a ricercare una morte delicata, come lo è stata fino ad ora la sua vita, senza picchi di felicità o dolore. A volte la monotonia ci opprime, fino a desiderare la fine dei nostri giorni, credendo che non ci possa essere una soluzione diversa per allentare la morsa dei giorni che, grigi e uguali a se stessi, ci fanno perdere la nostra essenza, il nostro vero Io.

Il vero Io è ciò che manca a Veronika, un Io che sia suo e nel quale poter trovare la gioia di stare al mondo, perché in fondo è solo quando possiamo coltivare la nostra vera essenza, che riusciamo ad assaporare la vera felicità. Ma cos’è il vero Io? Nel corso del romanzo di Coelho, attraverso le vicende dei personaggi che incontra Veronika, diviene sempre più chiaro: «Il vero io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te». Il mondo ci modifica, la società spesso ci limita, la normalità ci obbliga all’omologazione pur essendo stata stabilita da alcuni e non rappresentando una regola imposta da una qualche realtà trascendente. Spiegandoci meglio: Coelho spinge il lettore a riflettere bene sul concetto di normalità. Ha forse ragione nel sostenere che la normalità è un concetto relativo? A parte casi estremi, non è così? Non siamo noi a decidere cosa sia normale e cosa non lo sia? Non tendiamo a definire “folle” qualcuno che fa quello che noi non siamo soliti fare? Come inseguire i sogni o il talento? Non siamo considerati folli a voler conoscere il mondo e a metterci contro la società quando questa ci impone di chiudere gli occhi di fronte le ingiustizie?

Torniamo a Veronika, cosa le accade dopo aver ingerito le pasticche di sonnifero? Lo sappiamo qualche pagina dopo: non è morta. Si risveglia in un letto di un ospedale psichiatrico, Villette, e lì le viene comunicato che il suo tentato suicido non ha funzionato sul momento, ma a breve termine lo farà: ha una sola settimana di vita a causa delle medicine ingerite. Coelho scrive:

«Aveva trascorso la vita sempre attendendo qualcosa: il ritorno del padre dal lavoro, la lettera del suo ragazzo che non arrivava, gli esami di fine anno, il treno, l’autobus, una telefonata, il giorno d’inizio e quello della fine delle vacanze. Adesso doveva aspettare la morte, la cui data era segnata.»

Da qui lo scrittore racconta l’esperienza di Veronika all’interno di Villette, un’esperienza vissuta in prima persona da Coelho stesso che all’età di diciassette anni fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, quando l’animo creativo era considerato una follia. Veronika, che non aveva mai vissuto esperienze forti in quei suoi ventiquattro anni di vita, si trovò a vivere una settimana strana, in cui, inizialmente spinta a voler trovare un modo per non dover aspettare la morte, ma a procurarsela prima, si trova di fronte una nuova realtà, una realtà fatta di amici veri, quali Mari, Zedka, Edvard. Siamo esseri relazionali e questa storia lo conferma: in un turbinio di emozioni, queste diverse personalità si mischiano, fino a modificarsi, fino a rivalutare le proprie convinzioni. Veronika passa dalla voglia di morire, alla rabbia incontrollabile, alla rassegnazione e alla voglia di vivere.

Cosa accadrà dopo lo lasciamo alle meravigliose pagine di Veronika decide di morire, che una volta terminate lasciano un senso di calma strana, quel tipo di calma in cui sembra non dover accadere nulla e invece accade tutto. In quella calma travolgente in cui si riesce a rovesciare i piani della società e a mettere finalmente, sul tavolo dell’esistenza, i propri sogni.

Filosofa Atipica per ArtSpecialDay

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