Nosce te ipsum leggiamo inciso nel tempo di Apollo a Delfi. Ecco, questa massima, “conosci te stesso“, dovremo averla incisa nel cuore, per non dimenticare mai l’importanza di conoscerci. Platone infatti sosteneva, nell’Alcibiade maggiore, che solo attraverso la conoscenza di noi stessi, potremo comprendere quale arte ci renda migliore. Nel dialogo platonico si legge:

Quale arte rende migliori se stessi,
potremo noi conoscerla
se ignoriamo che cosa mai siamo noi stessi?

Accanto alla massima “conosci te stesso”, che rappresenta un compito per la vita, ce ne dovrebbe essere un’altra: coltiva te stesso. Se noi siamo la somma di ciò che facciamo, è vero anche che siamo la somma di quello che non facciamo e in un mondo in cui sembra che il fare sovrasti su tutto, dobbiamo guardare bene e riguardarci dal “fare che facciamo”. Controproducente per l’umano e producente per una società malata, è il tipo di fare di cui oggi ci facciamo portatori. Se la nostra società vuole degli yes men, che sommessamente dimentichino i propri sogni abbracciando l’ideale di un welfare state che di buono ha solo il nome, noi rispondiamo un timido (ma non troppo) “sì”, smettendo di sconcertarci, di domandarci, di dire no e purtroppo, smettiamo anche di sognare. Opporsi ai fatti che ci snaturano può sembrare banale e immaturo per chi è dell’idea che nella realtà bisogna solo saperci sopravvivere, adattarsi agli eventi e non sforzarsi di cambiarli, con la giustificazione che “tanto va così”.

Ma questo nichilismo dove ci sta conducendo? Biologicamente parlando ad un’atrofizzazione dell’emisfero sinistro, e filosoficamente parlando ad una chiusura intersoggettiva che ci conduce alla vanificazione dell’esistenza individuale che si esplica nella relazione con l’alter. Per quanto riguarda la questione dell’emisfero sinistro, il neurobiologo Lamberto Maffei in Elogio della ribellione sottolinea la profonda importanza di entrambi gli emisferi cerebrali, quello destro e sinistro, e il pericolo che si cela nell’atrofizzazione in corso del sinistro.

Spieghiamoci meglio: il sistema nervoso si basa su due meccanismi, uno rapido che fa capo all’emisfero destro, filogeneticamente e ontologicamente legato alla sopravvivenza la cui caratteristica è di essere automatico. Oltre a questo si ha un meccanismo lento del sistema nervoso in risposta all’ambiente ed è inerente al controllo che l’uomo ha sulla propria vita, in sostanza conta sulla consapevolezza dell’individuo e subisce l’influenza sia dell’evoluzione biologica che di quella culturale. In questo meccanismo lento sono implicati i meccanismi delle aree corticali e sottocorticali, ovvero il sistema cognitivo, quello che ci consente di prendere decisioni pensate e valutate. Quest’ultimo aspetto ci fa comprendere quanto questo sistema siano più affidabile rispetto a quello rapido che invece è maggiormente soggetto ad errori. Di norma tra i due sistemi intercorre un rapporto tale per cui il sistema rapido fornisce informazioni al sistema lento che di conseguenza le immagazzina e le utilizza all’occorrenza. Il rapporto di interconnessione tra i due non finisce qui: a sua volta il sistema lento può influire su quello rapido modulando la salienza dell’informazione attraverso o l’inibizione o l’eccitazione dell’attività delle aree corticali sensoriali.

Cosa accade oggi ai nostri due meccanismi? Quello che si sta notando è che ci si sta concentrando sempre più sull’emisfero destro e questo non è di certo un caso: l’emisfero destro ci fa prendere decisioni immediate, che non prevedono valutazioni di ogni sorta. La conseguenza? Il consumismo, il narcisismo, la depressione e la guerra.

A questo punto dell’articolo ci si potrebbe domandare quale sia la correlazione tra quanto letto poco fa e quanto si è detto all’inizio, sull’importanza di coltivare noi stessi, sulla massima “conosci te stesso”, ma ora diviene chiaro. L’attenzione a stimoli che prevedano una risposta rapida e quindi l’esclusivo intervento dell’emisfero destro, impedisce alla nostra anima di risplendere e di mettersi alla ricerca del senso che la rende tale, ovvero unica. Oggi, quello a cui si assiste è un’omologazione spaventosa che ci rende prodotti in serie, da distribuire in freddi ambienti di lavoro in cui conta più come ci si mostra rispetto a ciò che si è davvero. Ci lasciamo forgiare e ci stiamo forgiando per essere marionette in mano a chi non sappiamo nemmeno, e soprattutto non sappiamo davvero perché, a parte il già detto “perché va così”. Tutto questo ci condurrà, se non lo già sta facendo, a ricercare la felicità, ma a non trovarla mai, perché ormai l’unico concetto di felicità a cui ci stiamo abituando ha la consistenza dell’inconsistenza, e come tale, è istantanea, effimera, finta. La conseguenza? Siamo profondamente malinconici, eternamente alla ricerca di qualcosa che non sappiamo cosa sia, perché quello che stiamo cercando siamo noi stessi, ma come prodotti in serie, non troviamo più la nostra unicità: siamo smarriti.

Eternamente sognatrice e alla ricerca di tutto, sta succedendo anche a me, perdermi in questo caos di società a cui ferocemente stiamo dando una forma brutale. I ritmi di lavoro ci allontanano dalla nostra natura, specie se questo lavoro è lontano da essa, specie se l’ambiente in cui stiamo ci vorrebbe yes man, ma noi con gentilezza decliniamo l’offerta di essere uguali, e difendiamo con delicatezza la nostra essenza. Rivoluzionari di fronte un mondo apatico temiamo di non riuscire a trovare posto nella società, e a volte dimentichiamo che è la società a doverci abbracciare, proprio per questo nostro modo di volerla salvare dall’autodistruzione.

Ma cosa possiamo fare, gocce diverse in un oceano così uguale e malinconico?

Resistere, non disperdersi e non smettere di cercare chi siamo, e nel farlo non dimenticare di esistere, continuando a coltivare noi stessi dopo quei ritmi incessanti di apparenza. Avere il coraggio di non barattare la nostra essenza per una briciola di mondo e di continuare a ripeterci “conosci te stesso”. Abbiamo il dovere, anzi il diritto di guardare il cielo nonostante la società e di coltivare noi stessi nonostante tutto.

Soffia nelle bolle con le guance piene/
E disegna smorfie sulle facce serie/
Devi fare ciò che ti fa stare.
Caparezza

Filosofa Atipica per MIfacciodiCultura

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